[18/11/2009] News

Il nucleare non conviene nemmeno da un punto di vista occupazionale

GROSSETO. Il programma del governo che punta ad un contributo del 25% al fabbisogno di energia elettrica con la costruzione di almeno quattro nuove centrali nucleari produrrebbe non solo una quota marginale rispetto al fabbisogno energetico complessivo del paese, ma darebbe anche un impulso minimo all'occupazione. Anche considerando le richieste che il settore italiano delle tecnologie nucleari ha fatto al ministro Scajola di non regalare l'intera quota di mercato ai concorrenti francesi di Areva e americani di Westinghouse, che il ministro ha dovuto -ovviamente - accogliere.

Secondo le stime riportate oggi sul Sole 24 ore sarebbero  infatti  1200 gli occupati al 2020 tra diplomati e ingegneri esperti del settore e che aggiungendo l'indotto potrebbe arrivare a 2000 ; un numero che farà piacere ai diplomati e laureati del settore ma confrontata ai numeri che si potrebbero ottenere puntando sulle energie rinnovabili è ben poca cosa.

Ci sono varie stime e diversi scenari che riguardano l'Italia ma tutte concordano sul fatto che l'attuale quadro occupazionale determinato dalle energie rinnovabili sarebbe destinato a crescere con numeri degni di nota.

Gli obiettivi fissati dall'Unione europea nel pacchetto clima energia prevedono che al 2020 ogni paese membro raggiunga un certo obiettivo sul fronte del risparmio energetico, della produzione di energia pulita, della riduzione di Co2 nell'aria, che per l'Italia significano, in termini di sviluppo delle fonti rinnovabili, un incremento del 17%.

Questo significherà quindi un notevole sviluppo anche in termini occupazionali.

L'Aper, l'associazione dei produttori di energia da fonti rinnovabili indica che gli attuali addetti diretti sono circa 40mila, ma sono destinati ad aumentare di molto e a questi  vanno aggiunti i numeri provenienti dall'indotto. L'Aper prevede un aumento della domanda di manodopera qualificata (tecnici con specializzazioni in campo elettrico, elettrotecnico, elettromeccanico), di progettisti e ricercatori (laureati in materie scientifiche e tecnologiche), di esperti in gestione e sviluppo con competenze miste manageriali e tecniche (ingegneri, economisti, giuristi, architetti).

Numeri già importanti  e in progressivo aumento secondo le stime dei diversi settori.

Attualmente il solare termico - secondo i dati dell' Associazione italiana solare termico - dà lavoro a circa 10mila persone, grazie alla crescita del mercato pari al +77% che si è avuta tra  il 2006 e il 2007 e le attese per il futuro sono per un aumento significativo degli occupati.

La Federazione europea delle industrie del solare termico (Estif) ha disegnato due scenari possibili da qui al 2020: il primo prevede uno sviluppo annuo del 17% (in linea cioè con gli obiettivi del pacchetto tre 20 indicati da Bruxelles), il secondo del 37%.  Secondo i due scenari si otterrebbero in Italia, rispettivamente, 66mila o 400mila posti di lavoro, con figure che vanno dal tecnico fino al progettista.

Analogo scenario per quanto riguarda il fotovoltaico, dove negli ultimi 3/4 anni, secondo le cifre di Gifi, Gruppo imprese fotovoltaiche italiane aderente a Confindustria, il settore ha avuto uno sviluppo fortissimo, passando da circa un migliaio di addetti agli attuali 15mila. Secondo alcune proiezioni di Gifi, se il trend mondiale di crescita si confermerà attorno al 30%, com'è accaduto in questi anni, nel 2020 gli occupati in Italia dovrebbero raggiungere quota 80/90mila persone. Il settore avrà bisogno, soprattutto, di profili tecnici, e più in particolare di ingegneri per le qualifiche più alte e di periti (meccanici, elettrici, elettromeccanici) per le figure degli installatori.

Anche nell'energia dal vento i numeri sono assolutamente interessanti: oggi il settore impiega circa 13.600 addetti, di cui 3.500 diretti e l'Anev ha calcolato che entro il 2020 gli occupati saliranno a quota 66mila (di cui 19mila diretti). Anche per l'eolico serviranno operai e tecnici specializzati per la costruzione, assemblaggio e manutenzione di impianti e aerogeneratori, operai edili, progettisti (ingegneri, geometri, architetti), figure manageriali (ingegneri, economisti, giuristi).

Numeri che conferma anche uno studio dell'Università Bocconi, realizzato con il  Gse (Gestore Servizi Elettrici), in cui si indica che investendo in energie rinnovabili e raggiungendo gli obiettivi europei previsti dal pacchetto Clima e Energia, in Italia esiste un potenziale di creazione di nuova occupazione raggiungibile nelle rinnovabili entro il 2020 di almeno 100mila posti di lavoro e fino a un massimo di 250mila.

E cui era giunto anche il rapporto di Greenpeace, secondo cui puntare su rinnovabili e efficienza in Italia significherebbe raggiungere oltre 100mila occupati nel solo settore dell'energia elettrica al 2020, di cui il 73% nelle rinnovabili mentre per il 22%  si tratterebbe di nuovi posti di lavoro creati grazie agli investimenti in efficienza energetica.

Dall'energia elettrica a quella termica, a quello dell'efficienza energetica lo scenario quindi  non cambia. E i numeri parlano chiaro: il nucleare non conviene neanche dal punto di vista occupazionale: ogni  milione di dollari investito nelle energie rinnovabili, secondo i calcoli presentati recentemente in un convegno a Ecomondo da Christopher Flavin, presidente del Worldwatch Institute,  produce 21,5 posti di lavoro. Mentre,  a far base dalle stime riportate oggi dal Sole 24 ore e considerando in 4 miliardi di euro i costi di costruzione di una centrale nucleare (come indicato recentemente da Enel) con quattro centrali ed un investimento di 16 miliardi di euro (ovvero 24.000 milioni di $ al cambio di 1euro a 1,5$),  si otterrebbe un ben misero 0,05 come rapporto tra occupati a fronte di un milione di dollari investiti, ovvero per avere 1 occupato bisogna arrivare ad investire 20 milioni di dollari in energia nucleare.

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