[17/11/2009] News

Rifiuti: il dinamismo dell'Europa e la staticità dell'Italia

GROSSETO. Dal rapporto "Panorama mondiale dei rifiuti 2009", presentato ieri a Milano, si legge che l'Europa è il secondo produttore mondiale di rifiuti dopo gli Usa, con un fardello pari a 250 milioni di tonnellate di rifiuti urbani e circa 300 milioni di tonnellate di rifiuti industriali ogni anno.

Un secondo posto che potrebbe presto essere ceduto ad altri continenti, come quello asiatico ad esempio, se si riveleranno corrette le indicazioni che emergono dal XIII rapporto del laboratorio di economia politica internazionale dell'Istituto Affari internazionali, anticipato oggi dal sole 24 ore.

Il rapporto prevede che vi saranno radicali mutamenti della composizione della domanda mondiale a seguito di nuovi mercati di consumo in paesi emergenti quali la Cina, l'India, il Brasile  e quindi la quota sui consumi mondiali delle economie emergenti più sviluppate è destinata a crescere nei prossimi due decenni. E questo significherà senza dubbio una occasione per il riposizionamento delle imprese italiane, come indicato dal rapporto, ma giocoforza anche un aumento considerevole dei rifiuti prodotti.

Tornando all'Europa, secondo il rapporto messo a punto da Philippe Chalmin dell'Università di Parigi-Dauphine per conto di Veolia, i 15 paesi che storicamente fanno parte dell'Unione  sono responsabili, da soli, di ben 225 milioni di tonnellate dei 251 milioni totali di rifiuti prodotti con un contributo di soli 26 milioni di tonnellate a carico dei paesi dell'ex blocco sovietico di recente adesione alla Comunità. Ma contrariamente a quello che si potrebbe supporre non c'è linearità tra densità abitativa e produzione di rifiuti, anzi dal rapporto emerge che  i paesi con minor densità abitativa sono quelli in cui spesso la produzione di rifiuti pro capite è più elevata. È il caso dell'Irlanda che produce 786 kg di rifiuti urbani per abitante all'anno e della gran parte di quelli che vengono considerati i virtuosi paesi scandinavi, come Danimarca e Norvegia, che invece sono in assoluto i più grandi produttori di rifiuti con oltre 800 kg a testa.

Mentre esiste una correlazione tra modalità di trattamento e smaltimento dei rifiuti e  popolazione e tasso di sviluppo: un  paese relativamente piccolo e ben dotato tecnologicamente fa maggior ricorso alla separazione dei rifiuti e allo smaltimento attraverso la combustione a fronte di un ricorso maggiore alla discarica nei paesi più popolosi ed arretrati. Da cui emerge chiaramente che non c'è alcuna contrapposizione o incompatibilità fra sviluppo della raccolta differenziata e del recupero di materia e incenerimento come dimostrano Olanda, Belgio o Lussemburgo e che anche i paesi scandinavi, ovvero paesi tradizionalmente sensibili alle tematiche ambientali e della prevenzione, ricorrono in modo deciso alla valorizzazione energetica dei rifiuti.

Dal rapporto si rileva che quasi ovunque in Europa il ricorso alla discarica si sta ridimensionando anche grazie al  recepimento delle ultime direttive europee e all'adozione di sistemi economici di disincentivazione.

Generalizzando e utilizzando la quota di collocazione in discarica dei rifiuti urbani prodotti è possibile individuare tra i paesi europei 3 grossi gruppi: quello dei paesi dipendenti dal sistema delle discariche (con quote di collocazione superiori al 65% del totale) come Turchia,

Polonia, Grecia, Ungheria, Repubblica Ceca, Irlanda o Slovacchia; quelli  a prevalenza di discariche, (con quote di rifiuti destinati in discarica fra il 20 ed il 65% ) tra cui troviamo paesi come l'Italia, la Francia, la Norvegia, il Regno Unito, la Spagna e infine il gruppo dei paesi che destinano quote residuali alla discarica (inferiori al 20% del totale dei rifiuti) come Olanda,

Svezia, Danimarca, Belgio e Germania.

Gli ultimi due gruppi di paesi sono quelli che , con le eccezioni rappresentate da Italia e in parte della Spagna, fanno registrare il maggior movimento di scambio fra la discarica e altre modalità di gestione (raccolta differenziata e valorizzazione energetica). L'Italia quindi , che per tasso di ricchezza e di sviluppo economico e tecnologico si trova a far parte del gruppo di paesi più avanzati a livello europeo, per quanto riguarda soprattutto il ricorso alle discariche, si trova allineato con i paesi meno avanzati.

L'Italia infatti -assieme a Germania, Francia, Spagna e Regno Unito- fa parte dei paesi al cui interno vive il 62% dei quasi 500 milioni di europei e che esprimono, mediamente, un Pil che è del 59% più alto della media dell'Europa a 27 e che  produce e smaltisce il 69% dei rifiuti urbani prodotti nel nostro continente.

Ogni anno in Italia finiscono in discarica 15 milioni di tonnellate di rifiuti urbani, il 48% del totale prodotto e oltre il 65% dei rifiuti raccolti: di questi, buona parte viene interrata senza trattamento preventivo. Risultano avviate a riciclaggio e compostaggio (nel 2007) 13,5 milioni di tonnellate di rifiuti, pari al 42% del totale, e la quota destinata a valorizzazione energetica ammonta al 10%

A differenza degli altri paesi del suo gruppo, il principale elemento che differenzia l'Italia è il mancato dinamismo. In ognuno degli altri  paesi considerati, infatti, sono in corso cambiamenti sostanziali,  frutto di interventi normativi, dell'attuazione di politiche di indirizzo dell'economia del settore che, seppure in modo differente da paese a paese, sono stati in grado di incidere fortemente sul sistema.

La Germania dal 2005 ha posto il tassativo divieto di smaltire in discarica rifiuti tal quali senza previo trattamento e riduzione della quota biodegradabile entro il limite del 5% in peso e oggi questo sistema di smaltimento pesa per meno del 18% del totale. Di questo hanno beneficiato sia il sistema del recupero di materia che, complessivamente, fra raccolta differenziata e compostaggio oggi permette la gestione di oltre il 50% dei rifiuti, sia lo sfruttamento energetico attraverso il quale passa quasi il 25% dei rifiuti. Inoltre lo sviluppo dei servizi di trattamento- come conseguenza di questo nuovo riassetto- ha portato in Germania notevoli investimenti in impianti, tanto che si stima un surplus di capacità di trattamento, sia termico che meccanico, di 3.7 milioni di tonnellate l'anno.

La Gran Bretagna solo negli ultimi due anni è ricorsa ad  ridimensionamento della discarica grazie all'adozione di un sistema di quote, per questo tipo di smaltimento, del tutto simile a quello dei crediti di carbonio, cui ha affiancato una politica di disincentivazione economica attraverso una sovrattassa. Gli effetti di questa  politica sono già visibili con una riduzione dei rifiuti conferiti in discarica del 24% in soli 2 anni ed una  crescita del recupero di materiale a fronte, invece, di una stabilità del ricorso all' incenerimento che rimane intorno al 10%.

Anche la Francia ha optato per un sovra-prezzo sullo smaltimento in  discarica che varia fra i 7 ed i 9 € a tonnellata per i rifiuti urbani per arrivare a 18 € a tonnellata per i rifiuti pericolosi. A questo sistema si unisce un regime di tassazione ambientale disincentivante (che nel 2002 è stato innalzato e raddoppiato rispetto alle previsioni originarie) e che ha portato ad una situazione di sostanziale pareggio tra le quote smaltite in discarica e per incenerimento ed a un altrettanto sostanziale pareggio tra la quota di raccolta differenziata destinata a riciclaggio e recupero di frazione organica.

La situazione della Spagna è più simile a quella del nostro paese, in cui si ha ancora una netta predominanza della discarica come principale metodo di smaltimento che pesa per il 50% del totale degli RSU ma si iniziano a vedere i primi effetti dei programmi di incentivazione alla raccolta differenziata e al compostaggio, per i quali sono stati fissati ambiziosi obiettivi fissati a livello nazionale per ciascuna filiera in un piano di azione al 2012. In particolare si prevede il raggiungimento dell'obiettivo del 75% per la carta, dell'80% per vetro e metalli e del 50% per plastica e legno.

Situazioni dinamiche quindi, più o meno avanzate che non reggono però il confronto con i paesi scandinavi presi a riferimento, Svezia, Norvegia e Danimarca dove le soluzioni adottate senza alcuna preclusione verso determinate opzioni tecnologiche o gestionali, mostrano un  quadro- se pur estremamente vario- in cui emerge in tutti i casi un ruolo marginale delle discariche, un importante tasso di raccolta differenziata e recupero dei materiali e il ruolo non marginale dello sfruttamento energetico dei rifiuti.

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