[11/11/2009] News toscana

Riorientare lo sviluppo fermando il consumo di suolo

La settimana scorsa su queste pagine Renato Cecchi riproponeva la necessità di riorientare lo sviluppo. Asserzione condivisa, a cui occorre dare sostanza però: sostanzialmente una domanda in cerca di risposte.

Se la Toscana può essere considerata una terra virtuosa, sia per le caratteristiche degli interventi pubblici, sia per quelle degli interventi privati, è pur sempre vero che il recupero, la ristrutturazione urbanistica dell'esistente, non prevalgono ancora su interventi di nuova edificazione, quindi di nuova occupazione di suolo.

La normativa non è stata ancora conformata a tal fine, non ci sono forti incentivi al recupero sia in termini di incrementi volumetrici, sia in termini di riduzione di oneri di urbanizzazione. Qualcosa è stato meritoriamente fatto solo per la bioarchittetura con la legge 1/05 (riduzione oneri possibilità incremento 10% della superficie utile).

La legislazione in materia di determinazione delle indennità di esproprio non è assolutamente favorevole essendo bloccata al valore di mercato del bene senza mediazione alcuna. Non ci sono finanziamenti specifici e speciali per il recupero del patrimonio edilizio ed urbanistico esistente.

Nel contesto di una cirsi economica di sistema, non c'è nessuno che ricerca e promuove nuovi strumenti di regolazione e d'intervento pubblico funzionali ad una effttiva riqualificazione delle città esistenti, non si vede all'orizzonte un proposta politica progressista, sembra che la capacità della cultura progressista (universitaria? Di associazioni come l'Inu?),  si sia esaurita.

Non sembra neppure sussistere in materia adeguata la ricerca, non già progettuale, urbanistica o edilizia, ma economica, per la definizione delle soglie funzionali a rendere redditizio un intervento di demolizione e ricostruzione rispetto alla nuova costruzione.

A livello istituzionale ci si interroga invece ancora, sulla forma del regolamento urbanistico, come proposto da un prossimo seminario di studi organizzato dall'Anci.
Allora, se Cecchi ha ragione come possiamo effettivamente sperare di riorientare lo sviluppo fermando il consumo di territorio?

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