[03/11/2009] News

Copenhagen e North Stream, Putin detta le condizioni

LIVORNO. Che la Russia sia un possibile ostacolo nel raggiungimento di un accordo alla Conferenza sul clima di Copenhagen è cosa nota, così come è noto che l'oligarchia energetica putiniana è molto disposta a trattare un ammorbidimento del suo atteggiamento se andranno a buon fine altre trattative (e conflitti) su gas e dintorni.

I russi sembrano molto infastiditi dall'atteggiamento dell'Ue e forse un passo avanti è stato fatto in Danimarca che ha autorizzato una cosa che sta molto a cuore a Vladimir Putin ed alla sua compagnia:  l'autorizzazione alla posa nelle acque territoriali danesi (87,7 km) e nella sua Zona economica esclusiva (49,9 km) delle tubazioni del gasdotto North Stream.

Rispondendo ai giornalisti dopo un incontro col primo ministro danese Lars Rasmussen, Putin ha detto: «In risposta alla vostra domanda, io direi di si, questo accordo ha contribuito al miglioramento delle relazioni bilaterali». La Danimarca è il primo Paese tra quelli che si affacciano sul Mar Balticvo ad autorizzare la posa del gasdotto North Stream nelle sue acque territoriali, si tratta a dire il vero del più piccolo tratto "in mare straniero" di una condotta lunga 1.220 km che collegherà Vyborg, in Russia, a Greifswald, in Germania, il cui primo tubo dovrebbe portare nel nord Europa 27,5 miliardi di m3 di gas all'anno.

L'accordo con il paese ospitante la Conferenza dell'Unfccc sul clima di dicembre ha "ammorbidito" Putin che si è mostrato più disposto a firmare un nuovo  accordo per la lotta ai cambiamenti climatici.

«Si, siamo disponibili - ha detto Putin a Rasmussen - Ma pensiamo che sia necessario rispettare almeno due condizioni. Tutti, senza eccezioni, dovranno firmare questo documento, senza di questo non avrebbe alcun senso. La Russia insisterà anche perché l'accordo tenga pienamente conto della capacità di assorbimento dell'anidride carbonica da parte delle foresta russa, il che non è stato sufficientemente il caso del Protocollo di Kyoto».

Insomma, la Russia da una parte si associa all'asse di chi chiede impegni precisi di riduzione anche ai Paesi in via di sviluppo, dall'altra mette sul tavolo le sue foreste boreali per avere gli stessi vantaggi (in quote e contributi) che vengono riconosciuti ai Paesi poveri con foreste tropicali. Il costo di queste due condizioni per la Russia sarebbe zero, ma sembra ugualmente disposta a far saltare il banco se non ci guadagnerà.

Intanto Putin incassa l'accordo con la Danimarca alla quale promette di triplicare le forniture di gas fino a raggiungere tre miliardi di m3 all'anno. Un accordo che vale anche come esempio (e forse monito) per Finlandia e Svezia, gli altri due Paesi scandinavi dell'Ue che non hanno ancora dato il via libero al passaggio di North Stream nelle loro acque del Baltico soprattutto con motivazioni di impatto ambientale.

Secondo l'agenzia russa Interfax, Putin domenica ha anche telefonato al primo ministro svedese, presidente di turno dell'Ue, avvertendolo che se l'Unione europea non aiuterà finanziariamente l'Ucraina perché riesca a pagare le sue forniture di gas a Mosca, la situazione potrebbe precipitare sul fronte meridionale delle forniture di gas russo e che se gli impegni non verranno rispettati tutto è possibile, anche una nuova guerra invernale del gas.

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