[02/11/2009] News toscana

Orientare lo sviluppo fermando il consumo di territorio

FIRENZE. La magistratura indaga sul caso Quadra-urbanistica del Comune di Firenze, ma al di la del dolo è noto che da una ventina d'anni a Firenze, come in quasi tutti i comuni piccoli e grandi della Toscana, il consumo e la dissipazione di territorio procedono senza sosta, in un lungo ciclo iniziato con le crisi economiche degli anni '80 del secolo XX.

In contrasto con la consapevolezza dei limiti della crescita e dello sviluppo dettati dai problemi ecologici diffusasi anche in Toscana tra la gente comune e le pubbliche amministrazioni, le categorie sociali ed economiche, almeno dall'Earth Summit del 1992. Da li si ebbero nuove regole e leggi regionali, politiche e piani d'azione, sperimentazioni, tutto un apparato di strumenti atti a ridurre l'impatto delle nostre azioni sull'ambiente.

Oggi non dico che si stia tornando indietro, ma si percepisce un fastidio diffuso nei confronti delle regole ambientali e della sostenibilità, mentre in campo economico pochi sono stati i passi fatti in questa direzione. E il consumo/dissipazione di territorio non si è fermato, non è neanche rallentato, figuriamoci se è tornato indietro. Ci stiamo mangiando a ritmi insostenibili il territorio: la risorsa fondamentale per il futuro.

E invece quello che dobbiamo fare è fermarne il consumo/dissipazione e poi tornare indietro, cioè recuperare spazi e ambienti alle funzioni naturali e a quelle multiple e integrate dello sviluppo sostenibile.

Non è un attacco alla libertà di impresa e di mercato ma una regola "aurea" di tutela del territorio che attua nuovi confini in cui far operare l'economia e la società in Toscana, costringendole ad investire in capitali, conoscenza e tecnologie per nuove vie di sviluppo a partire dalla indisponibilità del consumo di territorio.

Se non si può consumare territorio e si vuole lo sviluppo economico, allora si deve agire su altri punti della tastiera: ricerca, recupero di aree già edificate, rinnovo del patrimonio edilizio, efficienza energetica del costruito, integrazione tra costruito e mobilità sostenibile, così come con le aree a verde e naturali, eliminazione del superfluo e del non recuperabile, sostenibilità della produzione e del consumo, ecc. Soprattutto se la popolazione è stabile se non addirittura in calo nonostante l'apporto dell'immigrazione.

Ovviamente non è un'idea mia e nei secoli non è neanche una novità: «...le istruzioni tecniche minutissime per l'acquisto e l'impiego delle materie prime, per garantire buona qualità del prodotto, i giorni assai numerosi di riposo obbligatorio, le modalità di vendita, le tabelle dei prezzi...» e ancora «Il divieto canonico dell'usura, le norme che mirano a fissare il giusto prezzo e a limitare il profitto dei mercanti, [...] la politica annonaria ed in genere la politica agraria delle città, sono documenti sicuri dei limiti estremamente ristretti entro cui era costretta a svilupparsi la vita economica [il corsivo è nostro, ndr]...». (Gino Luzzatto, Breve storia economica dell'Italia medievale, Torino 1958).

La Toscana potrebbe rilanciare la propria economia locale in modo sostenibile sapendo che a livello globale non ci sarà e non ci potrà più essere una sola forma economica. Che c'è bisogno di mobilità sociale e di nuova distribuzione della ricchezza poiché quella assicurata dallo sfruttamento del territorio non è disponibile. Questa rivoluzione cambierebbe anche la formazione delle classi dirigenti. Se ne sente un gran bisogno.

Questa consapevolezza spinge a cercare vie originali di sviluppo sostenibile dato che le differenze fondamentali tra modelli di vita umana non stanno tanto nelle strutture economiche quanto nella forma sociale e nelle regole che essa stessa si dà.

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