[30/10/2009] News

“Game-over” a Copenhagen? Si va verso un accordo politico di massima

LIVORNO.  Dal 2 al 6 novembre a Barcellona si terrà l'ultima sessione dei colloqui sul clima previsti dalla road map tracciata a Bali per arrivare a Copenhagen e il Wwf sottolinea che «Ogni giorno di ritardo nell'azione contro il cambiamento climatico, che continua ad avanzare rapidamente, comporta conseguenze drammatiche per noi e le generazioni future. I delegati che si incontreranno a Barcellona la settimana prossima per l'ultimo round di negoziati effettivi prima di Copenhagen, devono mostrare ai loro leader che si possono fare progressi e che un accordo climatico vincolante e ambizioso non solo può, ma deve essere raggiunto» .Ufficialmente, però,  i giorni che rimangono a Barcellona per definire un accordo sono 5 , nonostante riunioni formali e (ancora di più) informali si susseguano, l'impressione di un possibile "parziale" successo che sarebbe un mezzo insuccesso è sempre più forte.

Lo stesso segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, ha detto «Rimango ottimista quanto al cambiamento climatico. Questa riunione di Copenhagen sarà un evento storico all'interno dei nostri sforzi comuni per affrontare le questioni legate al cambiamento climatico. Questo potrà essere il segnale del successo sui cambiamenti climatici», ma poi ha ammesso che a Copenhagen se andrà bene si arriverà probabilmente ad un accordo su quattro elementi esclusivamente politici: «Ambiziosi obiettivi di riduzione, misure di adattamento, fornitura di finanziamenti e tecnologie ai Paesi poveri e la creazione di una struttura di governance mondiale equa».

Ban ha esortato tutti: «Non riduciamo le nostre attese prima della riunione di Copenhagen. Lavoro strettamente con il primo ministro danese, Lars Lokke Rasmussen, che sta discutendo con i governi sulla sostanza della forma di un accordo che potrebbe uscire dal summit. C'è ancora un lungo cammino da percorrere». Sarà difficile farlo a 5 settimane da Copenhagen e in 5 giorni a Barcellona.

Secondo Ban Ki-moon «Dopo la Conferenza di Copenhagen i Paesi dovranno sforzarsi di assicurare che tutti gli accordi conclusi durante I negoziati tecnici in Danimarca potranno diventare impegni legislativi».

Il capo dell'Unfccc Yvo de Boer ha però detto ieri che «Arrivare quest'anno ad un Trattato finale sul global warming sarà impossibile, ma i principi di tale accordo devono essere valutata nella conferenza di dicembre. Il Trattato può essere riempito nei dettagli nel corso del prossimo anno, ma l'accordo politico deve essere raggiunto  in occasione della conferenza di Copenaghen. Time is running out. I finanziamenti sono la chiave per un accordo a Copenaghen». De Boer ha chiesto ai leader dell'Unione europea riuniti a Bruxelles di dire quanto è disposta a versare l'Ue per aiutare i Paesi poveri ad adattarsi ai cambiamenti climatici. Secondo quanto ha dichiarato a Bonn il 28 ottobre «I Paesi poveri dovrebbero avere almeno 6,7  miliardi di euro all'anno, a partire da subito».

Qualcuno sembra venire in aiuti o di Ban Ki-moon e de Boer: il presidente del Consiglio indonesiano sul cambiamento climatico, Rachmat Witoelar, in occasione della riunione dell'Ipcc tenutasi a Bali ha detto che «I Paesi in via di sviluppo sono quelli che devono far fronte agli impatti più gravi del cambiamento climatico. Con dei risultati approfonditi e rapidi delle ricerche scientifiche, i Paesi sviluppati potrebbero anticipare gli impatti del cambiamento climatico nell'interesse della comunità mondiale». Witoelar ha chiesto all'Ipcc di condurre studi particolari sugli impatti del cambiamento climatico in Indonesia.

A Bali l'Ipcc ha anche discusso delle analisi sugli impatti sociali provocati dal climate change ed ha presentato il 26 ottobre un rapporto di valutazione che comprende uno studio scientifico condotto da 430 delegati di 23 Paesi ed i cui risultati saranno presentati a Copenhagen. Il presidente dell'Ipcc, Rajendra Pachauri, ha sottolineato che «La cooperazione tra i Paesi dell'Ipcc deve migliorare nei prossimi anni per apportare materiali scientifici per condurre politiche legate al cambiamento climatico».

Intanto la Cina ha rimesso in moto una febbrile attività diplomatica in vista di Copenhagen: il presidente Hu Jintao ha chiamato Barack Obama per confermargli che la Cina vuole un  risultato positivo a Copenaghen, e gli incontri ad alto livello si susseguono, dopo quello con l'India é previsto un vertice con l'Unione europea a fine novembre.

Le delegazioni cinesi stanno macinando migliaia di chilometri per evitare un fallimento o un debole accordo a Copenhagen, ma anche  Yi Xianliang, uno dei maggiori negoziatori climatici di Pechino é convinto che «La vera e propria trattativa ci sarà dopo Copenaghen. Copenaghen sarà un punto di partenza, non un punto di arrivo»

Wang Ke, un docente di politica ambientale all'università Renmin di Pechino spiega il perché di tanto attivismo alla Reuters: «La Cina, come grande emettitore, vuole evitare di diventare il capro espiatorio se le trattative non avranno successo o addirittura cadranno a pezzi. Riteniamo che sia già il "game-over". Copenaghen sarà un compromesso di massima. La Cina vuole prendere l'iniziativa in modo da evitare di essere accusata, se ci sarà, di aver provocato il fallimento».

Quindi Pechino punta su un risultato che é simile a quello dell'Onu e che eviti una brutta figura globale: «Il risultato probabile, a nostro avviso, potrebbe essere l'ottenimento di un accordo quadro politico - dicono fonti cinesi - Gli obiettivi di mitigazione a lungo termine e gli obiettivi a medio termine richiederanno successivi difficili negoziati».

E a chi punta tutto sulla fiducia reciproca per ottenere un risultato finale inatteso e miracoloso risponde Lu Xuedu, il vice direttore del Centro climatico nazionale della Cina: «In realtà, a volte ai negoziati sul clima non abbiamo nemmeno il coraggio di correre in bagno, perché quando si torna in sala le cose sono cambiate». Speriamo che stavolta cambino in meglio.

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