[22/10/2009] News

L’ambiente nel dibattito del Pd

PISA. Siamo ormai a soli due giorni dal voto che sancirà la vittoria di uno dei tre concorrenti alla segreteria del PD. Debbo però dire che, dal dibattito ormai concluso sulle tre mozioni mi aspettavo qualcosa di più per quanto riguarda i temi ambientali, specie in un momento come questo. Eppure era stata presa in considerazione persino una candidatura "ambientalista", poi, per fortuna, scartata in quanto che con essa si sarebbe riproposto per l'ennensima volta l'ambiente come questione separata e distinta a cui si sono già "impiccati" in parecchi.

Evitato questo rischio è sembrato, tuttavia, che la cosiddetta "linea del Piave", oggi passi solo o quasi dalla questione "nucleare si, nucleare no" , come avvenne ai tempi del referendum. Non mi interessa quanto l'argomento sia stato usato, anche "strumentalmente", nella polemica tra i candidati, ma quanto esso abbia in qualche modo concorso a lasciare troppo in ombra aspetti e questioni assai più complesse, anche sul piano istituzionale. E' qui, infatti, che vedo una debolezza che, date le scadenze che ci aspettano, potrebbe essere foriera di svarioni e omissioni che già nel recente passato non siamo riusciti ad evitare. Economia e ambiente sono infatti ormai inseparabili e non si uscirà dalla crisi a danno ulteriore dell'ambiente e l'ambiente non si salverà se non cambieranno anche le politiche economiche. Ma questo richiede, appunto, una nuova programmazione, una nuova politica del governo del territorio che sappia far leva e avvalersi  di quel nuovo assetto istituzionale in perenne "lista d'attesa" ma che, anche il nuovo codice delle autonomie è ben lontano dal prefigurare. Si tratta di un ennesimo tentativo, dopo la programmazione avvenuta ai tempi del ministro Ruffolo, ma anche della "nuova programmazione" del governo Ciampi, lanciata, a suo tempo a Catania, di cui però, al momento, non mi sembra risultino chiari né il percorso né gli sbocchi. Eppure entrambi i tentativi, pur così diversi, specialmente il primo, non finirono solo nel "libro dei sogni" e nelle conseguenti delusioni, ma introdussero anche significative novità grazie anche alle regioni e al nuovo ruolo degli enti locali che ne seguì. La novità sicuramente più importante fu però l'avvio di politiche non più "inchiodate" unicamente alle regole e alla gestione urbanistica ma a politiche ambientali: dall'inquinamento, al suolo, al paesaggio, alla tutela della natura che mutarono, con i contenuti, anche la scala degli interventi non più riconducibili solo ai confini amministrativi ma, appunto, ambientali, dai bacini ai parchi, le unità di paesaggio, insomma le "invarianti ambientali". Prese così corpo, sia pure tra resistenze e sabotaggi di vario tipo, ( come dimenticare che, per anni, la spesa degli enti locali venne discriminata tra obbligatoria e facoltativa) un nuovo ruolo dell'intero sistema istituzionale.

Realtà come quella toscana o emiliana furono segnate profondamente da questa svolta che ne fece appunto un "modello" che riuscì a immettere il governo locale in una nuova dimensione nazionale in cui i sindaci, come allora fu detto, non andavano più a Roma con il cappello in mano.

Di queste innovazioni che hanno il merito di avere immesso, anche nelle competenze esclusive dello Stato, un ruolo delle regioni e degli enti locali in base a quella "trasversalità" tante volte richiamata dalla corte costituzionale,  molte sono state negli ultimi anni mortificate, penalizzate, ridimensionate senza incontrare né da parte del PD né del governo ombra né in Parlamento né nelle regioni "modello" risposte adeguate e convinte. E' accaduto con la legge 183 sul suolo nonostante i ripetuti disastri annunciati e non. Poi la cosa si  ripetuta con la legge 394 che è tornata a separare natura e paesaggio che la Convenzione europea ha invece strettamente connesso.

Se si va, infatti, a vedere il PIT e le sue schede del paesaggio toscane si capisce perché le reazioni sono state deboli o assolutamente inesistenti, mentre come Regione Toscana siamo finiti sul banco degli imputati con la colpa di essere troppo cedevoli ai "cementificatori" e non riusciamo neppure a concludere sulla nuova legge regionale sui parchi mentre nel frattempo le regioni si sono viste espropriare anche del nulla osta sui beni culturali. Quella nuova dimensione del governo del territorio è tornata così a rattrappirsi nel triangolo regioni, province, comuni peraltro mai come in questo momento in una condizione confusa. Come è stato detto a Viareggio da Oriano Giovanelli di Legautonomie la bozza Calderoli taglia, sfoltisce, ridimensiona dopo i consigli di quartiere, i consigli comunali, provinciali, rende traballanti le Comunità montane o le cancella, anche sulle province torna a pesare la solita solfa dell'abrogazione (come abbiamo visto di recente anche alla Camera) proprio nel momento in cui si parla in lungo e in largo di aree vaste, di superamento del localismo miope.

Tutto o quasi sembra dunque ridursi  a "villettopoli", mentre dei  piani di bacino, dei parchi, del loro  rapporto con le energie rinnovabili, dall'eolico alle biomasse, problemi che non possono risolversi  nella dimensione urbanistica e locale, poco si parla.

Regioni ed enti locali tornano così  ad essere enti depotenziati e ridimensionati nel loro ruolo democratico e confusamente risospinti nell'urbanistica dei piani casa: altro che federalismo!. Eppure di tutto questo nel dibattito nel PD, anche in Toscana, abbiamo sentito davvero poco o nulla. Detto questo non ci pare che possiamo accontentarci né del "no al nucleare" né di dichiarazioni su una opposizione più energica  che potrà esserlo solo se avremo obiettivi e proposte chiare che al momento non riesco a vedere. Non si vede in parlamento, dove le "picconate" alle leggi ricordate sono passate, di fatto, sotto silenzio quando non esaltate. Meno che mai la vediamo da parte dei cosiddetti eco-dem ai quali delegare queste politiche.

"Hic Rhodus, hic salta", "Qui è Rodi, qui devi saltare", come avrebbe detto Esopo.

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