[19/10/2009] News

L'ennesima deregulation del pallone nel Paese malato di cemento e rendita

LIVORNO. L'allarme per lo stato del nostro territorio è durato fino a che le telecamere non si sono ritirate dal disastro omicida di Messina. Mentre i mezzi pesanti cercano ancora di liberare dal fango le strade di Giampilieri, sul Sole 24 Ore si annuncia l'ennesima deregulation per la costruzione di nuovi stadi e la ristrutturazione di quelli vecchi. Come se gli scandali urbanistici di Italia '90 non fossero mai esistiti, come se i Mondiali di nuoto e le piscine e gli impianti sequestrati per abusivismo fossero stati solo una fastidiosa parentesi. Intanto la regione Sardegna affossa definitivamente il piano salva-coste di  Soru e lo sostituisce con il piano mangia-coste del Pdl.

In questo strano Paese, tra una catastrofe "innaturale", tra un funerale di Stato ed una conta dei danni con successive condoglianze e promesse che non accadrà mai più, si pensa a deregolamentare proprio per far costruire stadi, autostrade, alta velocità, ponti sullo stretto, che avrebbero bisogno invece della più attenta valutazione dei loro effetti sull'ambiente, oggi ed in futuro, in relazione non più ai corsi e ricorsi storici, ma alle mutate condizioni climatiche che rendono sempre più normali eventi climatici prima eccezionali e ad un territorio appesantito dal cemento legale ed illegale, da sanatorie, da scelte urbanistiche con il visto di tutti che si sono rivelate dannose quando non disastrose. Invece i nuovi stadi (sempre meno frequentati) nel nome degli europei del 2016 e del Dio Pallone al quale nessuno ha il coraggio di dire di no, si faranno con la "pesante deregulation imposta dal disegno di legge Crimi" come scrive lo stesso Sole 24 Ore, perché i tifosi devono avere urgentemente  strutture più funzionali e moderne, con concessioni in affidamento diretto, senza gara, mentre per ristrutturare basterà una Dia.

"Macchine" urbane delicatissime e che spostano flussi economici e vitali di intere città, vengono trattate come il tramezzo della camera dei bambini, e questo grazie ad un'intesa bipartisan di senatori-tifosi (o timorosi dei tifosi) che lo hanno approvato all'unanimità in  commissione cultura del Senato. Chissà se fra questi c'è anche qualcuno di quelli che subito dopo uno dei tanti eventi  catastrofici "naturali" si precipita a piangere le vittime, a quantificare i danni e a dire che la più grande opera di cui ha bisogno l'Italia è il recupero del territorio?

Intanto il voto in Senato ha aperto una scorrevolissima corsia preferenziale per un voto favorevole alla camera che festeggerà il nuovo rinascimento sportivo italiano mettendo una lapide sui precedenti scandali e sulle buone intenzioni televisive, così il calcio assurge per il governo a «pubblica utilità, indefferibilità e urgenza» per favorire espropri e varianti per i quali occorrerebbero anni se si trattasse di case popolari o di un parco naturale, il tutto senza gara, riconoscendo agli indebitati patron delle società sportive una specie di diritto divino sul territorio: «il Comune può concedere a titolo oneroso l'area, ovvero cedere, sempre a titolo oneroso, il diritto di superficie della stessa al soggetto proponente, tramite assegnazione diretta». Naturalmente il tutto condito con la possibilità di "rientrare" dal già vantaggioso affare (in alcuni casi praticamente un regalo) con la possibilità di costruire nelle vicinanze case, uffici e negozi a far da corollario alle nuove cittadelle sportive.

Un ricco piatto per l'indebitatissimo calcio italiano che passa indenne da uno scandalo all'altro, un piatto nel quale, secondo il Sole, si sta ficcando la Fiorentina, seguita dalla Roma, mentre Genoa e Sampdoria stanno pensando a come fare nella "stretta" Genova e Napoli e Milan faranno le Dia per rivoltare come calzini San Paolo e San Siro e l'Inter pensa ad un nuovo stadio "expò".

Intanto nella Sicilia che frana sotto la pioggia, una città come Palermo, immersa fino al collo nella spazzatura, nei debiti, nell'abusivismo e nello sfascio urbanistico e sociale delle sue periferie  si propone addirittura come città olimpica... Così il ponte di Messina avrà un po' di traffico e servirà a qualcosa.

Almeno Italia Nostra non si è dimenticata che tra una frana ed una deregulation sportiva stanno marciando i nuovi Piani Casa delle regioni e ha presentato un reclamo alla Commissione Europea ed ha pronti i ricorsi al Tar contro le delibere dei Comuni.  Il primo riguarda reclamo alla Commissione europea riguarda il Piano Casa dell'Umbria «per violazione del diritto comunitario - dice il presidente di Italia Nostra Alessandra Mottola Molfino - Non bastano gli appelli. Agiremo per tutte le vie legali. Stiamo rafforzando l'ufficio legale nazionale con referenti giuridici in tutte le regioni. L'associazione impugnerà innanzi al Tar anche le deliberazioni dei Comuni sul Piano casa e solleverà la questione di legittimità costituzionale della leggi regionali per violazione di diversi articoli della Costituzione, in particolare dell'art.42. Non daremo tregua ai distruttori del nostro territorio e dei nostri meravigliosi paesaggi "sensibili". I Piani-casa e le Grandi-opere sono i veri nemici del nostro martoriato territorio.

A difesa della pianificazione pubblica del territorio, sin dall'inizio, e oggi ancor di più, dopo la tragedia di Messina. Italia Nostra si è opposta al Piano casa, indipendentemente dal fatto che a proporlo ed attuarlo fosse il governo o le regioni, indifferente anche al fatto che alcune regioni ne abbiano mitigato la portata. Senza contare che non risulta che i comuni, nell'approvare a loro volta il Piano casa, abbiano tenuto conto dell'art.78 del Testo unico degli enti locali che prevede l'astensione dei consiglieri comunali "nei casi in cui sussiste una correlazione immediata e diretta fra il contenuto della deliberazione e specifici interesse del consigliere o di parenti o affini entro il quarto grado. Il Piano casa è un condono preventivo. Attribuisce ai privati la scelta di ampliare l'abitazione, in deroga alla pianificazione urbanistica che, con un complesso procedimento amministrativo fatto anche di partecipazione pubblica, stabilisce limiti alla proprietà per assicurare, secondo l'art.42 della Costituzione, l'interesse pubblico dell'uso equilibrato di un bene limitato come il territorio. Questa deroga alla pianificazione, determina una profonda modificazione nei rapporti tra bene pubblico e interessi privati. La stessa modificazione dei condoni edilizi, cambia solo il rapporto tra la legge e l'intervento edilizio: nel caso del condono viene prima l'intervento edilizio e poi la legge, nel Piano casa è il contrario. In tutti e due i casi c'è un aumento del consumo del suolo e del carico urbanistico in contrasto con il piano regolatore generale, alterando il rapporto tra numero di abitanti e quantità di servizi».

Se questo vale per un Piano adottato in maniera straordinariamente "normale", figuriamoci cosa bisognerebbe dire per la "deregulation" quotidiana degli strumenti urbanistici italiani e per quella "straordinaria" che ci viene proposta ad ogni "grande evento" in un Paese malato di cemento e di rendita, incapace di governare, difendere ed amare il proprio territorio e la propria fragile bellezza.

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