[16/10/2009] News toscana

Gozzini (Ibimet- Lamma): «Il futuro della climatologia passerą per lo studio dei movimenti meridiani delle masse d'aria»

FIRENZE. Si è tenuto ieri sera a Firenze il primo degli incontri previsti nell'ambito del calendario 2009 della rassegna "Caffè scienza", patrocinata dal Comune e sostenuta dal Cnr e dall'istituto Francese del capoluogo toscano. Il percorso continuerà poi, con cadenza mensile, affrontando argomenti come gli studi galileiani, il risparmio energetico, l'uso e abuso dei sondaggi e delle statistiche.

L'incontro di ieri era dedicato al tema "riscaldamento globale: se due gradi vi sembrano pochi", e vi hanno preso parte Jacques Villain (fisico e membro dell'accademia francese delle Scienze), Paolo Politi (Cnr - istituto Sistemi complessi) in veste di moderatore, e Bernardo Gozzini, primo tecnologo dell'istituto Ibimet-Cnr e responsabile del laboratorio di Monitoraggio e modellistica ambientale (Lamma) della Toscana.

Ed è proprio a Gozzini che abbiamo rivolto alcune domande sul tema centrale della serata, e cioè sul come un riscaldamento generalizzato sul pianeta possa indurre conseguenze locali molto significative su alcune zone, come ad esempio la regione mediterranea, dove secondo il quarto rapporto Ipcc (2007) è da attendersi una probabile diminuizione delle precipitazioni anche oltre il 20% entro il 2090-2099 rispetto ai livelli del periodo 1980-1999, e soprattutto in estate (vedi immagine).

Gozzini, se è appurato che (per motivazioni spiegate più volte da Giampiero Maracchi proprio su queste pagine - vedi link in fondo all'articolo) alla crescita della temperatura globale corrisponde una maggiore incidenza degli anticicloni sub-tropicali sul Mediterraneo e sulla Toscana, e quindi più caldo e minori precipitazioni, resta però da capire di quanti km verso nord questi anticicloni risalgano per ogni grado di aumento della temperatura. Sono disponibili studi a questo riguardo?

«E' difficile dirlo, perchè è un fenomeno complesso: addirittura la sua dinamica discende dai meccanismi di "nascita" del Monsone annuale, che avvengono nel golfo di Guinea, e poi "spingono" le masse d'aria verso nord. Il fenomeno è conosciuto per i suoi effetti sull'Asia meridionale, ma comunque nasce tutto davanti alle coste atlantiche africane: a seconda della direzione in cui è "spinto" il Monsone cambia il punto in cui ricade il braccio discendente dell'alta pressione, e quindi dove l'estate "colpisce" con più forza in Europa, se in Spagna, in Italia o magari in Grecia».

Ma la correlazione tra crescita della T globale e maggiore incidenza degli anticicloni sub-tropicali sull'Europa meridionale è comunque appurata?

«Si, anzi è una teleconnessione tipica (le teleconnessioni, o tlc, sono le correlazioni tra eventi climatici che avvengono in parti del mondo diverse: il fenomeno è meglio comprensibile pensando al famoso "effetto-farfalla", per cui - teoricamente - il battito di ali di una farfalla in Amazzonia può scatenare una tempesta negli Stati uniti, nda). Anzi, è proprio su questo che si basa "l'arrivo dell'estate" in Europa. Ma bisogna vedere, appunto, anche in che direzione va il Monsone nel momento della sua "nascita", e quanto esso è intenso».

Nel corso del dibattito è emerso un dubbio a cui sembra che sia lei, sia Villain, abbiate avuto difficoltà a rispondere. La domanda riguardava la possibilità che a seconda della localizzazione delle emissioni possa cambiare l'impatto che si ha sul clima globale, cioè se cambia qualcosa davanti al fatto che le emissioni provengano dalla Cina, dall'Africa o da altre regioni. E giustamente, è stato sottolineato, la questione è particolarmente importante alla luce della vicina conferenza di Copenhagen e alla ridefinizione degli obiettivi di contrasto/adattamento al gw. A cosa è dovuto il visibile imbarazzo con cui avete entrambi risposto, all'atto pratico, "boh"?

«Al fatto che effettivamente alla domanda è difficile rispondere, allo stato attuale. E da questo deriva anche l'appello che stasera ho fatto per investire maggiori fondi sul monitoraggio ambientale e climatico. Per esempio, ogni regione italiana ed europea dovrebbe avere un suo Inventario delle sorgenti di emissione (Irse)».

Di cui la Toscana è dotata, infatti.

«Si, ed è uno degli inventari migliori, peraltro. Ma molte regioni, e anche altre nazioni, non ce l'hanno, e invece i vari Irse dovrebbero essere raccolti, secondo quanto prevedono gli accordi internazionali, a livello europeo da parte dell'agenzia per l'Ambiente. Comunque la Noaa sta lavorando per chiarire la questione, che è una di quelle su cui ci sono, in climatologia, ancora tanti passi da fare per la comprensione.

Altro aspetto da chiarire, per esempio, è il modo in cui nascono gli uragani, e quindi anche come il gw influisca su di essi: sembra che gli uragani che colpiscono gli Usa derivino da fenomeni climatici che avvengono nell'Africa orientale, cioè tra Etiopia e Sahara, e che poi generano perturbazioni che vanno a colpire dall'altra parte del mondo. Ma anche questo è da approfondire».

Quest'estate l'Italia e la Toscana sono state avvolte, per l'intero mese di agosto e anche successivamente con brevi pause, da un campo di alta pressione di matrice africana, che ha fatto sì che ancora a inizio ottobre il clima fosse particolarmente "estivo", con minime sui 15°, in Toscana. Poi, di colpo, dal 10 ottobre siamo progressivamente precipitati verso un vero clima "invernale", con minime che in pianura hanno sfiorato gli 0° C. Ora, senza addentrarci in questioni di meteorologia spicciola, è però da ricordare che, mentre le risalite di aria africana sono facilitate dalla formazione di una depressione al largo del Portogallo, discese di aria fredda come quella attuale sono in buona parte causate dalla formazione di una depressione a nord del Canada (chiamata "vortice del Labrador"). Ma, fin da dieci anni, ci viene spiegato dai climatologi come il global warming abbia, tra i suoi effetti principali, quello di facilitare i movimenti "meridiani" delle masse d'aria: proprio quei movimenti, cioè, che comportano sia la risalita dell'aria africana, sia la discesa dell'aria polare. La domanda è, quindi: stiamo vivendo gli effetti del global warming in tempo reale, o dobbiamo pensare invece che l'inusitata variabilità climatica di questi giorni sia dovuta a fenomeni "casuali", quale il posizionamento di depressioni in punti diversi dell'Atlantico?

«Non è facile rispondere: sembra comunque che sia più probabile che gli eventi di questi giorni siano da addebitare proprio alla maggiore facilità di movimenti meridiani, e quindi al gw, ma non è appunto facile capirlo con precisione. Diciamo che, in tempi di appurato cambiamento climatico, è più facile che il motivo sia quello, piuttosto che non».

Ma non ci sono strumenti, metodologie per discernere meglio la questione che, è ovvio, non è di poco conto per il clima toscano, italiano ed europeo davanti alle possibili evoluzioni future?

«Ripeto, non è facile distinguere, e anche qui va ribadita la necessità di maggiori risorse per il monitoraggio. Comunque, in Toscana abbiamo fatto studi sullo Strat-warming, cioè sul riscaldamento della stratosfera. E' questo un fenomeno che avviene ogni anno a metà inverno e che poi, entro circa 60 giorni, influisce sul clima europeo, proprio per quanto riguarda gli scambi meridiani nella bassa atmosfera. Ma la relazione di causa ed effetto si è invertita dagli anni '90: se prima un forte stratwarming portava grandi freddi, ora sembra che l'effetto sia opposto, e stiamo cercando di capire perché. Per fare quel discernimento cui lei accenna, e sulla cui importanza concordo, sarebbe necessario elaborare un indice che analizzi i movimenti meridiani analogo all'indice Nao (North atlantic oscillation, nda), che valutando le differenze di pressione previste tra l'Atlantico del nord e quello centrale premette di fare previsioni meteorologiche a media scadenza.

Il futuro della climatologia passa proprio per l'elaborazione di questi indici, oltre che per un migliore sviluppo in direzione di una vera affidabilità per quanto attiene alle previsioni stagionali».

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