[16/10/2009] News

Il Major economies forum a Londra (passando per il Giappone), verso Copenhagen in bilico

LIVORNO. Il 18 e 19 ottobre si terrà a Londra l'ultimo Major economies forum (Mef) prima del summit Onu sul clima di Copenhagen a dicembre.

Nella capitale inglese le 17 più grandi economie del pianeta (Australia, Brasile Canada, Cina, Corea del sud, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, India, Indonesia, Italia, Messico, Russia, Sudafrica, Stati Uniti d'America ed Unione europea), insieme alla Svezia (presidente di turno dell'Ue) edalla Danimarca (che ospiterà la Conferenza delle Parti dalla Framework convention on climate change dell'Onu) ed alla stessa Unfcc, cercheranno di appianare le differenze che potrebbero impedire di trovare un accordo a Copenhagen e di aprovare un documento comune sulla riduzione delle emissioni di gas serra.

Il Mef è stato presentato in una conferenza stampa congiunta dal ministro britannico per l'energia e il cambiamento climatico, Ed Miliband, e dal suo quasi omonimo collega agli esteri David Miliband

Secondo Ed Miliband «Il nuovo documento sarà oggetto di un successivo dibattito e sarà difficile da concludere, ma sono ottimista. La volontà dei principali Paesi ostili al Protocollo di Kyoto (Stati Uniti, Cina ed India) di accordare più attenzione al problema del riscaldamento globale incita all'ottimismo e permette di sperare nel successo della conferenza di Copenhagen».

Ma Ed Miliband ha anche sottolineato che l'accordo di Copenhagen è in bilico ed ha evidenziato che «Il vero pericolo che i negoziati di dicembre non possano raggiungere un risultato positivo e pari al pericolo che la gente in pericolo non si svegli fino a che non è troppo tardi».

Nel briefing con i giornalisti i due ministri hanno parlato della necessità urgente di ricordare all'opinione pubblica di ciò che è in gioco e della necessità di mobilitare le risorse della diplomazia internazionale,per spingere verso un accordo.

Ed Miliband ha detto che «Il criterio fondamentale per un accordo di successo è se siamo in grado di limitare l'aumento della temperatura globale a non più di 2 gradi, oltre i quali i rischi di pericolosi cambiamenti climatici diventano molto più grandi».

Ai partecipanti alla conferenza stampa è stata presentata l'anteprima di un lavoro dell'Hadley Centre che contiene una mappa del mondo che mostra alcuni dei principali pericoli che dovrebbe affrontare l'umanità se la temperatura globale dovesse aumentare di 4 gradi.

Il ministro degli esteri David Miliband ha sottolineato legami tra il cambiamento climatico e le scelte di politica estera: «In questa mappa un problema ambientale è anche un problema economico. La mappa mostra i pericoli di non ridurre le emissioni, basati su uno scenario di un aumento dei 4 gradi della temperatura media entro il 2100» La politica estera è gestione della possibile riduzione dei rischi, ed il climate change aumenta notevolmente i rischi».

Ed Miliband ha detto che «La sfida è ora quella di costruire un accordo che ci metta sulla buona strada per raggiungere l'obiettivo di due gradi. Questo significa garantire il picco delle emissioni globali il loro declino entro il prossimo decennio. Occorre "settare" tre elementi chiave per raggiungere questo obiettivo: la necessità di concordare stringenti obiettivi a medio termine da parte di paesi sviluppati per ridurre drasticamente le proprie emissioni; azioni significative da parte dei Paesi in rapido sviluppo per limitare la crescita futura delle loro emissioni; la necessità di trovare un equo, duraturo modo per pagare per le azioni di riduzione delle emissioni ed aiutare i Paesi in via di sviluppo ad adattarsi al cambiamento climatico. Se le emissioni continuassero a seguire un percorso discendente sarebbe una svolta storica nel nostro modello di sviluppo da high carbon a low carbon e si aprirebbero grandi opportunità: energia pulita, innovazione nelle nuove tecnologie "verdi", nuovi posti di lavoro e mercati e prospettive a lungo termine più sicure per le generazioni future».

Buone notizie per Copenhagen arrivano da un altro Paese molto importante del Mef: il Giappone, che secondo quanto ha detto oggi il primo ministro Yukio Hatoyama «Vuole giocare un ruolo principale nella lotta internazionale contro il riscaldamento climatico».

Il premier democratico è intervenuto ad una conferenza stampa organizzata dall'Ong giapponese Global environment actions, una delle associazioni ambientali più influenti del mondo (nel 1999 ha ricevuto il premio Unep) che organizza conferenze e seminari con la partecipazione di scienziati, economisti e politici per promuovere la salvaguardia dell'ambiente.

«Il Giappone ha proposto delle iniziative nel settore della riduzione dei gas serra al fine di preservare la terra per le generazioni future - ha detto Hatoyama - Il Giappone vuole giocare un ruolo di primo piano nella lotta internazionale contro il riscaldamento climatico».

Il premier nipponico ha confermato le proposte fatte al summit climatico dell'Onu del 22 settembre: riduzione delle emissioni del 25% entro il 2020 rispetto ai livelli del 1990 ed ha presentato la "Hatoyama initiative" destinata a sostenere i Paesi che sono pronti ad assumersi un tale impegno.

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