[13/10/2009] News

Rottamazioni: di chi sono i cocci e chi li paga?

LIVORNO. Duecentomila posti di lavoro salvati, stabilimenti che non  chiudono, vendite raddoppiate e quindi, degna conclusione dell'incipit dell'articolo pubblicato sul settimanale Auto di Repubblica, «con questo bilancio tra il molto lusinghiero e il trionfale si è chiusa in Germania la stagione del Abwrackpraemie, cioè della rottamazione». Sia chiaro però che a stagione trionfale che va, stagione trionfale che viene: ovvero, senza nuovi incentivi sarà crisi.  

Più che un ritornello è una nenia. Senza incentivi il mercato automobilistico non va e quindi si inforna il pasto gratis (ma non per tutti): gli incentivi che salvano posti di lavoro infatti, li paga lo stato, Germania, Italia o Spagna che siano, ovvero li pagano quelli stessi lavoratori che di fatto si ricomprano il mantenimento del posto di lavoro.  Ci sarà un giorno un governante che avrà il coraggio di togliersi il classico prosciutto dagli occhi e di guardare al di là del proprio naso, riconoscendo la sovracapacità produttiva del settore e studiando vie d'uscita vere, che consentano di invertire la rotta (o riconvertire il settore che dir si voglia) minimizzando le inevitabili conseguenze occupazionali e sociali?Nell'attesa di un politico illuminato, Fabrizio Galimeberti su Plus del Sole 24 ore (uscito sabato scorso), ci ricorda  la storiella dell'economista ottocentesco Frederick Bastiat, che descrive la storia di un commerciante a cui un ragazzino rompe una finestra. I passanti simpatizzano con il commerciante, ma presto cominciano a suggerire che la rottura della finestra crea lavoro per il vetraio, che potrà comprare del pane, creando lavoro per il panettiere, che potrà comprare scarpe, creando lavoro per il calzolaio, ecc. Infine, i passanti concludono che il ragazzino non sia colpevole di vandalismo; lo ritengono invece un pubblico benefattore, avendo la sua azione generato benefici economici per tutti in città. 

Del resto fino a qualche anno fa le rottamazioni venivano pubblicizzate come un incentivo all'economia, mentre oggi con il prefisso eco si tenta di mascherare il fatto che per il benessere dell'economia (che dovrebbe studiare la disponibilità delle risorse e il loro più corretto utilizzo) sarebbe positivo l'esatto opposto, ovvero l'utilizzo di un bene materiale fino a quando esso non sia irrimediabilmente inutilizzabile. 

A questo proposito è anche interessante ascoltare un altro punto di vista sulle rottamazioni, raccontato in una mail arrivata qualche giorno fa in redazione, che ha il merito di ricordare che una volta rottamata, la nostra vecchia auto ha tutt'altro che finito il suo ciclo di vita, con i primi problemi che nascono appunto nei depositi dei demolitori nostrani e che rappresentano solo la prima fase del lungo, spesso travagliato e poco trasparente processo di smaltimento del veicolo, che quasi sempre finisce in qualche paese africano o dell'estremo oriente. «Chi scrive - inizia la mail di Roberto Capocasa - è un imprenditore che per tutta la vita ha lavorato seriamente nel rispetto delle leggi e dell'ambiente. Il perdurare della crisi, il crollo del prezzo del rottame la campagna rottamazione che porta via tutto ciò che per noi era ricambistica, rischia di far chiudere gran parte di quelle aziende serie che hanno investito per mettersi in regola e che ogni mese devono pagare mutui e  stipendi ai propri dipendenti. Oggi il mercato favorisce le aziende che non hanno investito nel tempo e hanno fatto inquinamento.

Le case costruttrici sorde e cieche di fronte a questo tsunami che si sta abbattendo nei nostri impianti dovrebbero a mio avviso scendere in campo al nostro fianco e insieme trovare quelle soluzioni che mancano, dialogando anche con il governo per cercare di dirottare parte degli incentivi alla rete di demolitori che dovendo raggiungere gli obiettivi imposti dalla comunità europea altrimenti sarebbero costretti a inquinare. Oggi chiediamo aiuto a tutte le istituzioni: la nostra categoria da una parte deve ritirare le auto a costo zero e dall'altra ha il prezzo del rottame che ha raggiunto i minimi storici per cui non vi è sopravvivenza, poi non parliamo della burocrazia che obbliga molti di noi a sostenere oneri altissimi per le radiazioni ciò non succede in Europa.Certo di aver fatto il quadro generale della situazione che a mio avviso è drammatico chiedo aiuto». La morale è, dunque, sempre la stessa: non esistono pasti gratis!

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