[13/10/2009] News

La sindrome di Kiribati: fosfati in via d'esaurimento di Pietro Greco

LIVORNO. I fosfati naturali stanno diminuendo. Secondo gli esperti della Geological survey degli Stati Uniti ce ne sono riserve note al mondo per meno di un secolo. Certo il prezzo è letteralmente schizzato verso l'alto: in un solo anno è aumentato di cinque volte, passando da 100 a 500 dollari per tonnellata. E poiché i fosfati naturali, dopo apposito trattamento, sono utilizzati come fertilizzante per l'agricoltura, ecco che i campi di tutto il mondo, vuoi per penuria vuoi per costo eccessivo, potrebbero soffrire a breve una carenza di nutrienti e accusare, di conseguenza, un calo di produttività. Il problema appare urgente a molti esperti. E qualcuno suggerisce di inserirlo in agenda quando, il prossimo mese, si discuterà di sicurezza alimentare in sede di Nazioni Unite.

I fosfati naturali sono rocce sedimentarie. Giacimenti se ne trovano in maniera facile, ma non facilissima. Ogni anno ne vengono estratti, nel mondo, 161 milioni di tonnellate: che finiscono, quasi tutte, nei campi. La domanda cresce al ritmo del 2,5-3,0% l'anno. Le riserve note ammontano a 15 miliardi di tonnellate. Con questa crescita del ritmo di estrazione le miniere saranno vuote in meno di 80 anni. Secondo alcuni, in meno di 50 anni.

L'80% delle riserve note si trovano in sole quattro regioni al mondo: in Marocco e nel Sahara occidentale, in Cina, negli Stati Uniti e in Sud Africa. Per questo, sostiene su Science Steven Van Kauwenbergh, un esperto dell'International Center for Soil Fertility & Agricultural Development di Muscle Shoals, in Alabama, i fosfati sono destinati a diventare una risorsa strategica.

Per questo occorrerebbe che la comunità mondiale ne prendesse cura. Mentre non c'è alcuna organizzazione internazionale che monitora con sistematicità e rigore la situazione dei fosfati. Ma cosa fare, in concreto, per ridurre la crisi dei fosfati? Beh, qui le strategia si dividono. La US Geological Survey calcola che nel mondo ci siano riserve ancora sconosciute di questo "bene strategico" per almeno 47 miliardi di tonnellate. Il che significa che l'umanità può utilizzarle, con questa intensità, per almeno altri tre o quattro secoli.

Altri puntano per l'incremento di efficienza: nel corso dei processi di lavorazione si perde il 40% della risorsa. Se l'efficienza aumenta, si sposta in avanti anche l'ora dell'esaurimento. Altri ancora sostengono che la vera miniera, pressoché infinita, è negli allevamenti. Specie in quelli di maiali. Le deiezioni suine sono ricche di fosfati e se si trova un metodo efficiente per estrarli, avremmo a disposizione una fonte più che sufficiente a soddisfare la domanda dell'agricoltura e praticamente rinnovabile. Un'ultima scuola di pensiero sostiene, infine, che forse l'agricoltura fa un uso eccessivo di fertilizzanti, specie nei paesi emergenti come la Cina. E che la scarsità potrà aiutarci a fare un miglior uso della risorsa.

A ben vedere nessuna di queste ipotesi di soluzione al problema è alternativa alle altre. Gli approcci sono sostanzialmente complementari. L'importante, per adesso, è prendere coscienza che un problema esiste. E molti, a proposito, ricordano l'arcipelago di Kiribati, nel Pacifico. A cavallo tra il XIX e il XX secolo si scoprirono tra quegli atolli ricche miniere di fosfati. Si organizzò una grande industria estrattiva. Navi da tutto il mondo giunsero a prelevare la risorsa in cambio di danaro. Il prodotto interno lordo di Kiribati aumentò a ritmi vertiginosi, come neppure nelle più ottimistiche ipotesi di scuola. Nessuno, però, aveva calcolato che le miniere si sarebbero esaurite. D'altra parte nessun manuale di economia classica tiene in conto la possibilità di esaurimento dei capitali della natura. Ma un bel girono, nello stupore generale, il capitale si esaurì. E a Kiribati il Pil precipitò con la stessa velocità con cui era cresciuto. A causa dei fosfati.

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