[12/10/2009] News toscana

Firenze, requiem per un parco?

FIRENZE. C'era una volta un parco, agli estremi confini di Firenze. Un parco enorme, nelle previsioni urbanistiche (80 ettari), ma che aveva la triste sorte di essere invisibile dalla città, essendo piazzato su quello che tuttora è un vero e proprio "non-luogo", quale l'area di Castello, ed essendo separato da Firenze e dal suo hinterland da due linee ferroviarie, un'autostrada e varie arterie di grande comunicazione.

Eppure, nonostante l'attenzione della città (in primis proprio per questioni legate all'impercettibilità dell'area da parte della popolazione) fosse diretta su tutt'altre questioni, il parco di Castello era riuscito in questi anni a proseguire il suo iter progettuale, e a giungere alle soglie della partenza dei lavori. Ma poi è arrivata l'inchiesta su Castello, col contestuale blocco dei cantieri. E, quasi contemporaneamente, è arrivata la proposta per la "Cittadella viola", che nelle richieste della dirigenza della squadra necessitava di 80-90 ettari, secondo il progetto originale.

E da quel momento è cominciata la caduta all'inferno del povero parco di Castello, e con esso sono cadute le velleità di giungere a un sistema naturalistico/ricreativo che, tra Castello, parco della Piana e le varie aree di valore naturalistico/ecologico situate nelle vicinanze, potesse costituire una vera eccellenza urbanistica e territoriale, pur nell'oggettiva pressione ambientale data dall'adiacenza delle infrastrutture presenti (a cui va aggiunto l'aeroporto) e di quelle previste, come il termovalorizzatore di Case Passerini.

Intendiamoci, nessuno ha ancora avuto il coraggio (la sfacciataggine?) di dire a chiare lettere "basta, il parco è morto", e anzi ancora - giustamente - le associazioni ambientaliste continuano a tenere il punto: «se lo stadio nuovo ha da esser collocato in questa area fragilissima della città - ha dichiarato a greenreport il direttore di Legambiente Toscana Fausto Ferruzza il 22 settembre - ciò che certamente non può essere intaccata è la superficie del Parco. Non un metro quadro ha da essere di nuovo messo in discussione. Il Parco è ormai un dato di fatto» - ha sostenuto.

Su posizione analoga, anche se più critica, è il Wwf Firenze («no alla realizzazione di questo intervento - la Cittadella, nda - in quell'area, soprattutto se questo andasse a discapito del Parco previsto» - cfr. greenreport del 29 settembre) e, in riferimento alla necessità del parco della Piana (cioè l'area per migliaia di ettari, e non solo per decine come a Castello, che nelle previsioni sarà ricavata dalla parte opposta dell'aeroporto), i sindaci di Sesto - Gianassi - e Campi Bisenzio, Chini.

E anche quanto dichiarato a riguardo dal sindaco di Firenze, Renzi, nel suo intervento del 21 settembre in Consiglio, sembra confermare che «i volumi complessivi di Castello non cambiano», che «gli indici di verde pubblico rimarranno gli stessi» e che «non si può costruire più di quanto già previsto». E mettiamoci, in chiusura, anche le ultime dichiarazioni 811 ottobre) del proprietario dell'area, Salvatore Ligresti, per cui il parco andrebbe fatto «subito», anzi andava fatto «ieri».

Un elemento che spesso viene tralasciato dalle cronache, tra l'altro, è che il parco di Castello non era stato pianificato tanto (o solamente) per buona volontà, quanto più per il fatto che il vincolo aeroportuale (R.d. 327/42 e legge 58/1963) impone forti limiti urbanistici: nella fattispecie, accanto alla pista del "Vespucci" per una larghezza di 300 metri è proibito costruire edifici e/o piantumare alberi che superino l'altezza di "un metro per ogni sette metri di distanza dall'area recintata".

Ecco quindi che la discussione sullo spostamento dell'aeroporto influisce pesantemente anche sulla possibilità di realizzare lo stadio nuovo e la Cittadella a Castello: allo stato attuale, cioè, e prendendo per buone le dichiarazioni avanzate dai vari protagonisti, sarebbe da attendersi un assestamento futuro dell'area che vedrebbe uno stadio, una cittadella dello shopping più un parco a tema (cioè qualcosa che di "parco" ha solo il nome), e sui restanti 80 ettari (in totale l'area ne conta 168) un parco vero e proprio, magari collegato al parco della Piana attraverso una green-way situata sul lato nord dell'aeroporto.

Così è ovvio che dovrebbe essere, e forse così sarà. E, anche se non è detto che questa sia la soluzione migliore, è comunque da escludersi invece ogni velleità di sostituire il "parco" vero con il parco a tema: questa è un'ipotesi che non solo è impraticabile con la sistemazione attuale della pista, ma che costituirebbe anche un vero e proprio "scippo" alla cittadinanza di un'area verde che invece potrebbe diventare il fulcro di una nuova era della pianificazione sostenibile nello sviluppo della Piana, così come prevedeva il progetto originale del 1999, dove si parlava del parco non come di un'area residua (quale poi è diventata) ma del cuore di un progetto per un recupero dei collegamenti ecologici che passavano anche per ipotesi visionarie (ma coraggiose), come un vero collegamento di esso col parco delle Cascine.

E oggi siamo qui, a fare il punto su di un progetto che, sia pure nei suoi difetti, era brillante, e che poi è diventato sempre più opaco: resta quindi da chiarire la sorte di quegli 80 ettari di verde (un'estensione ancora più grande della parte aperta al pubblico del parco delle Cascine), che nel tempo sono stati degradati da "eccellenza urbanistica" a "intoppo fastidioso", in perfetta coerenza con quell'insensato modello di sviluppo che, come giustamente ha affermato il Wwf nell'articolo sopra citato, prevede di considerare «il territorio come un semplice contenitore da riempire con tutto ciò che crediamo ci porti ricchezza e benessere». E invece, come ha altrettanto giustamente affermato il - pure citato - Ferruzza di Legambiente riguardo ai contenitori dismessi, sarebbe auspicabile che, una volta che le beghe giudiziarie saranno terminate, si provasse a ripartire, nella progettazione (anche) del futuro di Castello, «proprio dal "disegno dei vuoti", di quegli spazi di libertà, di respiro che ci fanno "percepire" l'abitabilità e quindi la qualità profonda di un luogo».

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