[09/10/2009] News toscana

Primarie, Town meeting e democrazia partecipativa

FIRENZE. Avrà luogo oggi dalle 17.30 alle 22, presso il circolo Arci di via Senese a Firenze, il "Party electronic meeting" organizzato dai sostenitori di Agostino Fragai, candidato per la mozione Franceschini alle primarie del Pd del 25 ottobre e attuale assessore alla Partecipazione della regione Toscana. All'evento parteciperanno anche Ermete Realacci, responsabile nazionale Ambiente del Pd, il sociologo Dario Ramella e, in video collegamento, lo stesso segretario Pd Franceschini.

Il Town meeting, nella sua accezione originale, è di diretta importazione americana, e deriva dalle pratiche di governo partecipato della comunità attuate già in epoca coloniale nei paesi della costa orientale degli Stati uniti. Dal punto di vista operativo si tratta di un incontro corale in cui i partecipanti, riuniti intorno a tavoli in gruppi di 10-15 persone, discutono con tecnici, esperti e decisori politici su argomenti vari, in maniera parzialmente spontanea e parzialmente guidata.

L'esperienza non è nuova in Toscana: tra le altre iniziative attuate ricordiamo che già nel 2006, a Carrara, circa 500 stakeholders si confrontarono in un Town meeting per dare vita a quella che poi è diventata la legge 69/2007, prima legge regionale organicamente dedicata alla partecipazione civica e amministrativa ad essere approvata in Italia.

L'electronic Town meeting (cui si ispira il processo che avrà luogo oggi) consiste in una evoluzione della metodologia in questione, e grazie ad esso è possibile coniugare la partecipazione fisica del pubblico con le tecnologie per estendere il confronto ai navigatori della rete. Carattere tipico dell'iniziativa è che l'agenda del dibattito ha una impostazione progressiva, cioè gli argomenti di discussione sono solo parzialmente predisposti, ed è la discussione stessa nei vari tavoli a determinare poi, tramite votazioni corali, come essa debba proseguire.

Di nuovo c'è che è la prima volta, in Toscana, che un'iniziativa di questo tipo viene dedicata espressamente alle prospettive per un partito politico, e cioè ovviamente al Pd, in direzione delle Primarie del 25 ottobre. Ed è proprio questo l'aspetto che merita un maggiore approfondimento.

Già più volte in passato, infatti (vedi link in fondo all'articolo), greenreport ha espresso perplessità sull'impostazione data alle Primarie del partito Democratico, e in particolare ha destato forti dubbi la prospettiva di considerare le primarie stesse non solo come una forma di consultazione dell'elettorato, ma proprio come espressione di democrazia partecipativa.

E' infatti ovvio come il percorso delle Primarie abbia reale senso politico e democratico solo se in esso vengono attuate quelle pratiche che caratterizzano tipicamente un percorso di partecipazione civica: e, pur nella svariata letteratura che sussiste sul tema, è indubbio che due elementi in particolare sono da considerarsi indicatori condivisi e fondamentali, a questo riguardo. Gli indicatori in questione, elaborati nella loro accezione attuale da Ann Van Herzele del dipartimento di Ecologia umana dell'università di Bruxelles (uno degli esperti europei più accreditati in materia, specialmente per quanto attiene alla partecipazione del verde urbano e peri-urbano), consistono nella verifica della presenza, all'interno del percorso partecipativo, di un processo di "educazione reciproca e permanente" tra cittadini, tecnici e decisori politici, e di una metodologia finalizzata all'implementazione del "senso di proprietà" (sense of ownership) da parte dei cittadini nei confronti dell'oggetto del percorso di partecipazione, che solitamente è un'area urbana fisicamente esistente, ma in questo caso è il partito stesso.

In poche parole, se un processo partecipativo non è caratterizzato da un percorso di crescita culturale reciproca (sia "dall'alto in basso", sia "dal basso verso l'alto", cioè) che si attivi tra gli stakeholder, e se esso non porta il cittadino (e perché no, anche il tecnico e/o il decisore politico) a percepire come "più suo" l'oggetto della partecipazione rispetto a quanto avveniva prima dell'iniziativa, allora il processo in questione non può essere definito "partecipativo".

E questa non è certo solo una questione semantica: la partecipazione è considerata da vari esperti non solo come elemento di equità, ma anche come fattore di maggiore efficienza della macchina amministrativa, per vari motivi tra cui spicca (per quanto riguarda il settore urbanistico) il fatto che essa intercetta il Nimby molto più "a monte" rispetto ad un processo decisionale tradizionale. Ed è proprio in questo che essa si distingue da normali processi "consultivi" (pensiamo ad un sondaggio, ad esempio), che non condividono con i processi "partecipativi" propriamente intesi il contenuto di informazione che caratterizza questi ultimi e che li rende effettivi strumenti (e non vuoti simulacri) di una reale democrazia partecipativa.

O le Primarie godono di strumenti accessori (ma determinanti) come il Town meeting, quindi, o esse si riducono a semplici elezioni interne, in cui non viene ricercato un consenso informato ma un consenso fine a sé stesso, fattore che non solo svilisce lo strumento delle Primarie, ma che ne vanifica anche l'efficacia politica, che è invece massimizzata nel caso in cui non solo venga scelto il miglior candidato possibile com'è ovvio, ma soprattutto in cui si abbia un maggiore avvicinamento (rispetto al "prima dell'iniziativa") della popolazione al funzionamento della vita del partito e in generale dell'agorà politico.

Lo strumento del Town meeting è quindi da sostenersi con forza, ed è auspicabile che esso (insieme alle altre pratiche di democrazia partecipativa, come ad esempio il deliberative polling) non si limiti ad un evento puntuale organizzato da una singola componente di un singolo partito, ma che diventi d'ora in poi forma di governo del Pd e delle altre formazioni politiche che in futuro dovessero scegliere la strada delle Primarie.

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