[07/10/2009] News

Traffico rifiuti, pił raccordo tra forze di polizia e procure antimafia

GROSSETO. La lotta alle ecomafie si arricchisce di un altro strumento. Grazie alla firma di un protocollo d'intesa tra ministero dell'Ambiente e la Direzione nazionale Antimafia, stipulato questa mattina a palazzo Chigi, è stato infatti istituito presso il ministero un gruppo operativo di raccordo tra le indagini effettuate dalle varie forze di polizia giudiziaria e la procure che stanno svolgendo indagini su attività mafiose. Il settore su cui avverrà questo scambio è quello del traffico di rifiuti, business su cui dice il ministro Stefania Prestigiacomo «riteniamo che le attività mafiose abbiano puntato da tempo».

In Italia, ha sottolineato il ministro «il ciclo corretto dello smaltimento dei rifiuti non è una realtà, soprattutto in alcune aree del mezzogiorno, e noi riteniamo che questo sia stato impedito dall'azione delle organizzazioni criminali».
Dichiarazioni su cui si può essere certamente d'accordo per quanto riguarda il dato che nel nostro paese non esista ancora un ciclo corretto di gestione dei rifiuti, ma che tra le cause di questa situazione non tiene conto della assoluta carenza di risposte impiantistiche che potrebbero essere almeno un elemento di competizione nei confronti degli smaltimenti illeciti. Una carenza resa possibile da una parte da una mancanza di strumenti di conoscenza adeguati per contabilizzare quanto effettivamente prodotto, che non sarebbe poi così difficile da mettere in atto, dall'altra da una continua revisione del quadro normativo di riferimento che non aiuta certo chi deve operare, siano essi imprenditori, amministratori o istituzioni dedite al controllo.

Ciò non implica il fatto che serva anche un'azione forte di contrasto delle attività illecite svolte dalle organizzazioni criminali in questo, come negli altri campi ambientali e che la creazione di un raccordo tra gli istituti investigativi sia senz'altro un'ottima notizia.
Come le intenzioni dichiarate dal ministro Prestigiacomo di verificare presso il ministero della Giustizia la possibilità di «incidere sull'ordinamento penale per il coordinamento tra Dia e procure». Che, parrà strano, ma ancora non avviene.

Le indagini relative alla gestione dei rifiuti sono infatti condotte dalle sole procure della repubblica ordinarie (ad eccezione della Campania), senza il coinvolgimento della Dia, cosicché i reati contestati sono per lo più l'associazione per delinquere semplice prevista dal codice penale e il traffico di rifiuti previsto dalla legislazione speciale. Per far luce sui collegamenti tra le attività illecite nel settore dei rifiuti e la criminalità organizzata di tipo mafioso, appare invece necessario rafforzare il collegamento con le Direzioni distrettuali antimafia, sin dall'inizio dell'attività di indagine. Un maggior raccordo informativo e l'utilizzo di dati disponibili solo dalle Dda, consentirebbe di potenziare l'efficacia delle indagini permettendo di verificare quali e quanti soggetti indagati dagli organi di polizia giudiziaria, per reati legati alla gestione dei rifiuti, siano anche indagati o comunque nominati nei processi di criminalità mafiosa.

In base al protocollo siglato oggi il ministero trasmetterà alla Direzione nazionale Antimafia con cadenza trimestrale, salvo casi urgenti, le notizie relative alle informative di reato ambientale mentre la Dna comunicherà annualmente al ministero gli esiti della propria attività di coordinamento in tema di infiltrazioni della criminalità organizzata nel settore della gestione dei rifiuti.
«Il mio ufficio ha bisogno di informazioni per poter lavorare meglio» ha sottolineato il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso e ricordando che la Dia ha già proceduto ad incrociare i dati con i carabinieri del Noe, ha aggiunto che «è necessario però collegare le indagini delle procure ordinarie, da cui non sempre in un primo momento emerge il coinvolgimento delle organizzazioni mafiose».

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