[29/09/2009] News

Il presidente del Gambia minaccia di morte in diretta Tv i difensori dei diritti umani e dell’ambiente

LIVORNO. Il Gambia è un piccolo paese dell'Africa occidentale che si estende per 10.380 km2 lungo le sponde dell'omonimo fiume, completamente circondato dal territorio del Senegal, con il quale negli anni passati fu tentata anche un'improbabile unione presto naufragata.
Un Paese piccolo e dimenticato, con poco più di un milione e 300 mila abitanti, ma che è assurto agli onori della cronaca per il discorso televisivo che il presidente golpista Yahya Jammeh (Nella foto), riconfermato con elezioni farsa, ha fatto il 21 settembre, proprio prima di partire verso New York dove è intervenuto all'Assemblea generale.


«Se voi credete di poter collaborare con i sedicenti difensori dei diritti e di uscirne fuori senza intoppi, state completamente sognando. Io vi ucciderò e non sarete arrivati a nulla», ha detto Jammeh rivolto agli attivisti dei diritti umani che in Gambia sono spesso anche ambientalisti che difendono le comunità locali e flora e fauna dagli abusi del potere.
Ma non è finita, il terribile presidente gambiano ha ulteriormente precisato la portata delle sue minacce: «Non tollereremo che della gente si atteggi a difensore dei diritti umani a detrimento del nostro Paese. Se siete legati ad un gruppo di difesa dei diritti umani, quale che sia, siate sicuri che la vostra sicurezza personale non sarà garantita dal governo. Siamo pronti ad uccidere i sabotatori».
Un avvertimento mafioso al più alto livello, un annuncio di omicidi politici mirati in diretta televisiva che fino ad ora non si erano permessi nemmeno torturatori omicidi come Augusto Pinochet.
Ma la cosa politicamente più grave, fino all'assurdità, è che il Gambia ospita del 1989 nella sua capitale Banjul i la sede della Commissione africana per i diritti dell'uomo e dei popoli, che esamina le denunce ed i rapporti presentati dalle associazioni che si occupano di diritti umani nell'intero continente africano. La Commissione è stata create in applicazione della Carta Africana dei diritti dell'uomo e dei popoli.

Il clima in Gambia è più che pesante: è evidente che il dittatore Yahya Jammeh cerca di mettere a tacere le Ong del Paese, rimaste l'unica opposizione. La società civile sembra però voler reagire alle minacce di morte e si rivolge direttamente alla comunità internazionale per chiedere aiuto.
Alcuni avvocati ed attivisti dei diritti umani hanno chiesto l'intervento dell'organismo per la difesa dei diritti umani dell'Unione Africana, chiedendo lo spostamento della sede della Commissione dal Gambia.

In un'intervista pubblicata dall'Irin, l'agenzia stampa umanitaria dell'Onu, Chidi Odinkalu, consigliere giuridico dell'Open society justice iniziative, dice che «I dirigenti africani devono reagire, porre un limite e dire che questo è inaccettabile. Non possiamo difendere i diritti umani su scala internazionale se i nostri dirigenti sui permettono di minacciare la gente di morte. E' incredibile. Quando i i presidenti cominciano a minacciare di uccidere i difensori della vita e dei diritti umani, è segno che non sono assolutamente responsabili di fronte a nessuno. Questa non è né la prima, né la seconda, né la terza volta che emette delle minacce, ma questa qui è particolarmente agghiacciante, perché si rivolge a tutti, senza distinzioni... La situazione dei diritti umani in Gambia è intollerabile».

In Gambia le sparizioni forzate, le uccisioni illegali e le detenzioni senza processo sono ormai all'ordine del giorno e maggio Jammeh aveva minacciato di espellere o uccidere lesbiche e gay.
Gli avvocati dell'Open Society Institute e della Coalition for an Effective African Court on Human and People's Rights hanno sottoscritto una petizione che è stata inviata ieri alla Commissione di Banjul che chiede di interrompere le sue sessioni in Gambia fino a che non sarà risolto l'affaire delle minacce di morte e fino a che non sarà consentito alle organizzazioni della società civile di assistere alle riunioni della Commissione per i diritti umani.

Il comunicato che accompagna la petizione sottolinea che «Tali commenti da parte di un dirigente sono semplicemente spregevoli e violano la Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli. Ma la minaccia di Jammeh è ancora più cinica perché la a Commissione africana dei diritti dell'uomo e dei popoli mantiene il suo seggio a Banjul, la capitale del Gambia».

Anche Amnesty International ha sollecitato Jean Ping, presidente della Commissione dell'Unione africana, e Mohammed Ibn Chambas, segretario esecutivo della Comunità economica degli stati dell'Africa occidentale, a condannare fermamente le dichiarazioni del presidente Jammeh. In un rapporto pubblicato nel novembre 2008, Amnesty denunciava «le numerose violazioni dei diritti umani commesse dall'Agenzia d'*intelligence*nazionale (Nia),dall'esercito e dalla polizia nei confronti di reali o presunti oppositori del governo» e che gli attivisti, una volta in custodia del governo, «rischiano tortura, processi iniqui, sparizioni forzate ed esecuzioni extragiudiziali».
Il 22 luglio 2009, Amnesty International, insieme ad altri gruppi della società civile africana, aveva organizzato una mobilitazione contro le violazioni dei diritti umani in Gambia, compresa la repressione nei confronti della stampa.

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