[25/09/2009] News

G20 e nuove regole: saranno smentiti gli scettici?

GROSSETO. Il punto focale della riunione del G20 che si tiene oggi a Pittsburgh è quella della necessità di rivedere le regole del sistema finanziario, tema su cui tutti sono d'accordo. Lo ha detto la cancelliera tedesca Angela Merkel prima di salire sull'aereo per raggiungere il vertice: «non dobbiamo cercare altri argomenti di discussione e dimenticarci della regolazione dei mercati finanziari». Lo ha sostenuto il portavoce della Casa Bianca Robert Gibbs, dichiarando che «in cima all'agenda di Pittsburgh c'è la riscrittura delle regole per i mercati finanziari».

Il problema, che pone quindi un interrogativo su come andrà a finire questo vertice, è su come operare questa regolazione, su quali nervi dovrà intervenire, e soprattutto a quali finanze si dovrà rivolgere, se solo a quelle dei paesi sviluppati che hanno innescato la crisi o se si coglierà l'occasione di rivedere il sistema globale della finanza, includendo anche i paesi in via di sviluppo.

Impostando cioè un nuovo sistema di regole finanziarie a livello globale che presuppone una riforma delle istituzioni preposte a far sì che queste regole vengano rispettate e un allargamento della base di rappresentanza di queste stesse istituzioni ai paesi ad economie emergenti o che ancora sono ai margini dello sviluppo.

E' questo in sintesi quanto richiesto nell'intervento a firma Kofi Annan, Amarthia Sen e Michel Camdessus, nell'ordine ex segretario dell'Onu, premio Nobel per l'economia ed ex direttore del Fondo monetario internazionale, pubblicato oggi da la Repubblica che fa da contraltare a quello del presidente della Banca Mondiale, Robert Zoellick, ospitato nella pagina dei commenti del Sole 24 ore. Una tesi che ha visto un'apertura da parte del segretario americano al tesoro, Timothy Geithner, che ha dichiarato ieri che il suo paese sostiene il rafforzamento del diritto di voto delle economie emergenti nell'ambito del fondo monetario internazionale (Fmi), della Banca mondiale e di altre organizzazioni internazionali.

Il punto di partenza comune del ragionamento è il riconoscimento del fatto che non si può continuare a fare i conti senza l'oste; ovvero dimenticare che la crisi, se pure in parte archiviata dal sistema finanziario è invece ancora del tutto presente nella realtà quotidiana «della grande maggioranza della popolazione mondiale» e che anzi, per molte di queste popolazioni la crisi ha aggravato le già critiche condizioni. «Decine di milioni di persone si sono aggiunte ad altre centinaia di milioni che si trovavano già sotto il livello di povertà» scrivono ancora Annan, Sen e Camdessus. Una crisi di cui- come ha riconosciuto il G20 di Londra, queste persone non avevano alcuna responsabilità.

E queste popolazioni, questi paesi ai margini dell'economia non solo devono avere voce nel riscrivere le regole dell'economia globale, ma dice Zoellick «sono un elemento chiave della soluzione». Per questo serve una «regolamentazione finanziaria rafforzata, che sposti gli incentivi dal capitalismo da casinò a breve termine agli investimenti produttivi a lungo termine» dice ancora il presidente della Banca Mondiale.

Per questo serve «l'allargamento del mandato del Fmi in materia di sorveglianza- scrivono Annan, Sen e Camdessus-estendendolo al di là delle politiche macroeconomiche e monetarie; (...) che sia stabilito al più alto livello un consiglio politico in grado di prendere decisioni strategiche su questioni cruciali per la stabilità globale; (...)e una riforma del sistema di voto per garantire che le decisioni si traducano in impegni reali».

In pratica non si può pensare ad una ripresa stabile dell'economia globale senza tenere di conto le istanze dei più poveri, il loro diritto ad uscire dagli attuali livelli di povertà e indigenza e la loro voce come fornitori della gran parte delle risorse che i paesi sviluppati sperperano sulle loro spalle, facendo loro subire anche i principali effetti dell'attuale modello di sviluppo.

Per questo l'attenzione deve essere posta anche al tema della lotta ai cambiamenti climatici, perché «come sottolinea il report della Banca mondiale - dice Zoellick - i paesi in via di sviluppo non solo subiranno il 75-80% dei danni potenziali dei cambiamenti climatici, ma oggi hanno 1,6 miliardi di persone senza accesso all'energia elettrica».

Quindi oltre a mettere a disposizione di questi paesi i mezzi per l'adattamento e la mitigazione a questi effetti, è necessario dare loro strumenti per incoraggiare una crescita a basse emissioni, per raggiungere l'obiettivo dice ancora il presidente della Banca mondiale di «un'economia globale bilanciata e inclusiva» che necessita di «più poli di crescita».

Vedremo se questa è l'idea comune ai leader del G20, il gruppo che rappresenta i due terzi del commercio e della popolazione mondiale e più del  85% del Pil mondiale e che si incontra oggi a Pittsburgh,  per la terza volta consecutiva in meno di un anno, dopo i vertici tenuti a Washington in novembre e a Londra l' aprile scorso.

«Gli scettici - dicono Annan e gli altri - ora temono che, poiché la minaccia di un tracollo finanziario adesso è percepita, giusto o sbagliato che sia, come gestibile , il vertice di Pittsburgh si concluderà con un compromesso debole che rifletterà le divergenze tra gli interessi nazionali e non l'urgenza della necessità di trovare il modo di affrontare le questioni del cambiamento climatico, della povertà cronica e dell'inefficace governance globale».

Una cosa è certa, il fatto stesso che decisioni sulle grandi questioni economiche siano ormai poste in seno ad un vertice a 20 anziché a 7 e poi a 8, indica che non è più possibile escludere la gran parte del pianeta dalla definizione di un modello di sviluppo per il futuro e che questo modello non potrà che essere sostenibile sia dal punto di vista delle eguaglianze sia dal punto di vista dello sfruttamento delle risorse. Vedremo se questo G20 saprà cogliere l'importanza di sciogliere questo nodo «oltre a dimostrare - dicono Annan, Sen e Camdessus - che gli scettici hanno torto».

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