[18/09/2009] News

Ancora incentivi all'auto? Viale a greenreport: ĞIl settore si riconverta alla produzione di energiağ

GROSSETO. Il settore dell'automotive chiede ancora incentivi a sostegno della domanda negli acquisti di automobili. L'apertura è venuta da Sergio Marchionne, amministratore delegato di Fiat e adesso anche di Crysler,  dalla fiera dell'auto di Francoforte poi  sostenuta anche dal presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, e ripresa da Roberto Colaninno per il comparto delle moto . Il tema è che nonostante il 2010 per l'auto sarà un anno meno duro di quello in corso, un calo delle vendite e della produzione a causa della crisi «avrebbe un impatto piuttosto disastroso sul livello occupazionale».

Una sollecitazione che ha avuto una buona accoglienza da parte del ministro allo Sviluppo Claudio Scajola che ha dichiarato che  proseguire con gli incentivi è «una cosa auspicata e auspicabile, anche se è prematuro parlarne» dal momento che andrà concordata con gli altri paesi europei.

Abbiamo chiesto a Guido Viale, autore tra gli altri del libro "Vita e morte dell'automobile" e che sul tema ha sempre avuto una posizione molto critica cosa ne pensa.

Marchionne chiede nuovi incentivi per l'acquisto di automobili per il 2010 motivati dal fatto che di fronte al calo di domanda e al cronico eccesso di capacità produttiva del settore le conseguenze sarebbero devastanti sull'occupazione. C'è qualcosa di nuovo?

«No assolutamente. La sovrapproduzione era un fatto noto da tempo e che sarebbe arrivato un calo della domanda pure. Il settore automobilistico è tra quelli che più ha subito gli effetti della crisi e assieme alle banche uno di quelli che ha avuto maggiori sostegni,  non per operare verso la sua  riconversione ma per mantenerlo in piedi.

Gli incentivi per l'acquisto di auto drogano il mercato e più a lungo durano e più sono consistenti maggiore è la depressione cui andranno incontro. Quindi quello che chiede Marchionne non è niente di nuovo rispetto a quanto fatto in passato, ed avviene in un momento in cui l'industria automobilistica come altri settori sono costretti a subire le conseguenze della crisi in maniera più grave».

Sull'accordo che Fiat ha ottenuto con  Chrisler, dove ha ottenuto una quota del 20% dando in cambio tecnologie e non soldi, cosa ne pensa?

«Fiat è considerata a ragione una delle industrie più ecologiche di auto e capace di rinnovamenti. Quello che dice Marchionne è vero. In ogni caso Marchionne non ha raggiunto l'obiettivo che si poneva e che considera irrinunciabile, ovvero quello di raggiungere 6 milioni di veicoli l'anno. Lontano dall'averlo raggiunto anche perché senza soldi è difficile raggiungere gli obiettivi.

L'innovazione non ha niente a che fare con il problema dell'industria automobilistica che ha problemi di sovrapproduzione e ci condanna alla sconfitta. La vera e unica strada è quella della riconversione produttiva con la riduzione della auto in produzione e l'utilizzo degli impianti e della manodopera per produzioni più  compatibili di cui c'è tanto bisogno».

Per esempio sui mezzi di trasporto collettivo?

«Sì ma soprattutto uscendo dal settore della mobilità e dell'automotive perché quel comparto è  facilmente riconducibile al servizio della riconversione energetica del pianeta. Il passaggio da una società dell'energia fossile ad una società delle energie rinnovabili, richiede produzioni direttamente legate al settore metalmeccanico e all'impiantistica nel solare, nell'eolico, nel geotermico e nel marino, il che consentirebbe una riconversione industriale relativamente breve per garantire un'adeguata produzione di energia. Per questo si potrebbero utilizzare incentivi  per far fronte a Kyoto e poi anche agli accordi che dovranno essere raggiunti a Copenhagen».

Quindi incentivi sì ma per la riconversione?

«Sì altrimenti continueremo ad avere una impresa automobilistica sovradimensionata e in crisi perenne. Noi importiamo dalla Germania tutti gli impianti per la cogenerazione e gran parte di quei motori vengono dal settore auto e marino. Ad esempio la Volkswagen sta utilizzando i motori della golf per fare impianti per la microgenerazione (vedi a proposito articolo di greenreport del 10/09/09, ndr) niente di più di quanto Fiat aveva fatto con il Totem più di vent'anni fa e che  poi però ha abbandonato. Le turbine per l'eolico discendono dall'industria motoristica e metalmeccanica e anche questi l' Italia è costretta a importarli dall'estero perché non esiste una produzione. Così per  il fotovoltaico che importa persino dalla Grecia. Non c'è mai stato un impegno produttivo in tal senso da parte della grande impresa».

La Francia che aveva dichiarato mai più autostrade intanto mantiene l'impegno e ha annunciato un nuovo piano di sviluppo per il trasporto merci che prevede lo spostamento di una quota pari al 25% entro il 2020 da gomma a ferrovia, impegnandoci 7 miliardi di euro. Anche su questo versante noi siamo indietro.

«Sono sostanzialmente i soldi che noi mettiamo per progetti assurdi come il ponte sullo stretto o  il Mose e la stessa Tav Torino-Lione che non farebbe altro che integrare il trasporto strada- ferrovia e che si sa già che non ha alcun senso come progetto né prospettiva sull'analisi dei flussi di trasporto».

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